Per Debora Rizzato
Copia della lettera è stata inviata alle principali testate nazionali e ad alcune testate locali


Debora Rizzato è morta a Biella. Io non la conosco, e non so chi sia esattamente. So solo come è morta.
E’ morta da innocente, mentre andava al lavoro, uccisa da un maniaco pervertito e omicida.
Quello che la distingue da tanti altri casi simili o anche diversi, è però che questo omicidio era annunciato.
Debora e la sua famiglia sono gente sicuramente onesta, altrimenti non sarebbe andata a lavorare come operaia, e ascoltava quello che le autorità le dicevano.
Dieci anni fa ha incontrato il suo assassino. Non so cosa avesse trovato in lei, ma di sicuro ha sollevato tutti i suoi più bassi istinti, e lui l’ha violentata. Come lei, anche altre. Parecchie non hanno nemmeno fatto denuncia, perché si sa, in questi casi il processo lo subisce più spesso la donna che il violentatore, e comunque, dovere rivivere e raccontare quello che si vuole scordare, è traumatico.
Ma Debora no, ha fatto la denuncia, da brava cittadina, ha cercato la giustizia e l’ha ottenuta.
Non so se quello che ha ottenuto sia poi vera giustizia, comunque il porco violentatore è stato condannato. Non so quanti anni di carcere abbia avuto nella condanna, comunque resta il fatto che dopo tre anni l’animale è uscito dal carcere, forse per buona condotta, ed è rientrato in attività.
Il brav’uomo è uscito livido di rabbia per avere avuto l’affronto di una condanna al carcere.
E suvvia, cosa poi sarà mai, violentare qualche ragazza !!
Debora poi ha avuto l’ardire di non sottomettersi, e quindi occorreva una vendetta, per lavare l’odio che covava. Lui era la vittima, non la donna, che magari si era anche divertita (questo è quello che dicono di solito i violentatori).
Così ha cominciato a torturarla, col telefono, con incontri casuali, facendola vivere nel terrore fino a riportarla ad una nuova denuncia per minacce e per molestie.
Il bravo appuntato Cacace, ben seduto nel suo ufficio, ha raccolto la denuncia, e mi immagino pure le sue parole: “Cara signorina, adesso che ha fatto la denuncia procederemo ad un controllo e terremo d’occhio il malintenzionato”.
Cosa sia stato fatto, non lo so. Cosa si sarebbe potuto fare, neppure.
Ma le minacce continuavano, e sono continuate pure le denunce. Intanto l’aspirante assassino covava sempre più rancore per questa insolente che continuava a fare la spia delle sue malefatte.
Cosa doveva fare Debora? Espatriare? Accettare di cambiare città e regione per evitare delle tragiche conseguenze da parte di un verme vigliacco?
Ha fatto quello che farebbe qualunque cittadino onesto e fiducioso nelle nostre sempre presenti forze di polizia. E’ rimasta al suo posto, in attesa che la giustizia facesse il suo corso.
E così, in una buia mattina autunnale, ha incontrato sulla sua strada un destino che non doveva incontrare. Aveva fatto tutto quello che poteva per difendersi, ma il suo assassino era lì, libero, assetato di vendetta, spavaldo della sua evidente intoccabilità.
Le coltellate, forse qualche urlo soffocato dalla morsa del selvaggio, e lei cade. Ma lui non è contento. E se sopravvive e lo denuncia di nuovo? Meglio essere sicuri, così le passa sopra con la macchina.
Quella che era una vita come tanti di noi, adesso è solo un fagotto di stracci insanguinati in mezzo al parcheggio.
Coloro che dovevano difenderla probabilmente erano ancora a letto o al bar a prendersi un cappuccino prima di andare in ufficio.
Tutti sapevano, non c’era neanche bisogno di fare indagini, perché le denunce parlavano da sole.
Ma per potere intervenire, le forze dell’ordine hanno dovuto aspettare che lei morisse.
Un violentatore non può essere privato della sua libertà per delle denunce, e neppure molestato più di tanto.
Le persone oneste invece, a quanto pare, sì. E pure uccise.
Solo dopo, a funerali conclusi, si fa giustizia. Debora, sicuramente molto contenta, ringrazia.
I suoi familiari saranno estremamente soddisfatti che la giustizia seguirà il suo corso, e ci sarà una nuova condanna. Magari come l’altra volta.
La questura di Biella ha dichiarato che non potevano fare di più, che hanno fatto tutto il possibile.
Se questo è il possibile in un caso evidente di pericolo per una persona già violentata e ripetutamente minacciata, Dio ci scampi per quei casi in cui non c’è nessun preavviso!!!
In questi casi quindi, seguendo il ragionamento della nota questura, abbiamo la certezza dell’inerzia delle autorità, almeno fino alla esecuzione di un reato.
L’unico a dire parole sensate, a mio parere, è stato il ministro Castelli, che ha detto che lo stato dovrebbe chiedere scusa, ed io aggiungo vergognarsi, di quello che è successo.
Questo fatto mette in evidenza in modo eclatante la pochezza di coloro che vogliono disarmare i cittadini onesti.
Il noto Ministro degli Interni Pisanu è un famoso sostenitore della tesi che i cittadini devono essere difesi dallo stato, e che i civili devono rinunciare ad esercitare il diritto alla difesa personale, soprattutto con armi.
Allora adesso io chiedo a Pisanu, dove era quando Debora è stata uccisa, visto che DOVEVA difenderla, oppure dove sono quando qualcuno viene aggredito sotto casa, o violentato come a Bologna, alle 20,30 di sera in piena città.
Questo è il livello di sicurezza che ci viene garantito?
Dovrebbero finalmente essere onesti, ed ammettere che la polizia non può essere dappertutto, e che i cittadini hanno il diritto, o addirittura il dovere di difendersi, e di prevedere che la polizia, pur cercando di fare il possibile, non può essere ovunque.
Se fossimo in uno stato dotato di realismo e di senso pratico, in quella situazione la polizia avrebbe consigliato a Debora di seguire un corso di maneggio alle armi presso un TSN dei dintorni, gli avrebbe consegnato provvisoriamente una pistola per difesa personale ed una licenza di porto d’armi, e infine gli avrebbe dato tutti i consigli legali per come utilizzarla legalmente in caso di necessità e in attesa di potere incastrare il lestofante.
Sogno? Sicuramente. Qui viviamo in un mondo delle meraviglie, dove il male non lo si vuole né vedere né ascoltare, dove si preferisce chiudere gli occhi, continuando a parlare di abolizione delle armi, ben chiusi nei nostri salotti dei centri cittadini, quasi certi che quelle cose lì a noi non possono mai succedere.
E’ un po’ come la morte, tutti sappiamo che c’è, ma viviamo nascondendola a noi stessi e convinti che capiti sempre a qualcun altro.
Se Debora fosse stata armata, sicuramente l’esito sarebbe stato diverso.
Alla vista di una pistola, probabilmente l’assassino si sarebbe fermato a riflettere. Molto probabilmente avrebbe desistito e sarebbero tutti e due ancora vivi.
Se non si fosse fermato, una revolverata a terra o alle gambe lo avrebbe fatto fermare.
E sarebbero ancora tutti e due vivi.
Se non fosse stato sufficiente, allora ci sarebbe stata comunque una innocente viva e un maniaco morto.
Risultato senz’altro più giusto ed equo di quello che è successo.
Una persona può anche rinunciare a difendersi, sopportandone nel caso le conseguenze. Ci sono mille motivi religiosi, filosofici, psicologici per farlo. Ma non può essere un obbligo. Chi si sente in pericolo deve avere la possibilità di difendersi. Altrimenti si nega l’esistenza di un istinto fondamentale, che dopo quello dell’amore per i propri figli, è il più forte: l’istinto di sopravvivenza.
Caro ministro, continui a rivendicare al suo ministero il diritto alla difesa, continui a prendere in giro i cittadini onesti dicendogli che ci siete voi a difendere tutti. Ma chi siete, dei superman? Siate più umili, e ammettete che avete bisogno dell’aiuto dei cittadini. Che la prima difesa spetta a loro, perché la polizia interverrà appena possibile, ma DOPO e non durante.
Intanto le ville rapinate e le persone malmenate o violentate o uccise aumentano.
Sono i suoi elettori, sa ministro? Verrà una resa dei conti, e poi trarremo le conclusioni. Dentro alle urne, spero.


Daniele Danelli – Vicepresidente AUDA www.auda.it
2/12/2005